QUATTRO CHIACCHIERE CON DON CALOGERO
- libertaetradizione
- 25 set 2024
- Tempo di lettura: 4 min

di Antonio Moscato
25 settembre 2024
Oggi abbiamo il piacere di fare quattro chiacchiere con Don Calogero Lo Bello, giovane e dinamico parroco di Favara che da sempre è presente sul territorio con la l’autorevolezza discreta che si deve all’abito che indossa e con la visione critica e lungimirante di un appassionato di politica che gli consentono di ottenere il favore non solo dei fedeli ma anche quello dei giovani e dei tanti cittadini di Favara che lo conoscono.
Innanzitutto grazie per avere accettato la mia intervista.
Ormai è un po’ di tempo che vivi a Favara, cosa hai visto in questi 8 anni? Che evoluzione ha subito il paese in un ipotetico grafico?
E’ da otto anni che sono parroco a Favara nella comunità dell’Itria, ma la mia esperienza qui inizia molto prima, nel 2007, quando da giovane seminarista sono stato inviato dal rettore a condividere un esperienza con la realtà giovanile della parrocchia San Calogero dove mi recavo tutti i fine settimana. E da qui vorrei iniziare. L’impatto che ebbi con la città fu sui generis. Ebbi l’impressione di essere fagocitato da un vortice per la dinamicità delle iniziative ecclesiali sociali ma anche per il grande dono dell’accoglienza che i favaresi hanno. Solo pochi mesi dopo mi resi conto che questa città era come una trottola che gira su se stessa; eccessivamente dinamica ma realmente non desiderosa di cambiare modus operandi.
Molte cose sono cambiate da allora. La città è crescita in molti aspetti (quando dico città dico cittadini con diritti e dovere soprattutto), vi è stata una presa di coscienza e anche una presa di posizione, certo non da tutti, su alcuni modi di vivere e agire tenendosi lontani e iniziando a tessere rapporti sociali nuovi. Lo evinciamo da molte associazioni, molte di queste giovanili, che si stanno impegnando per la rinascita della città per iniziare a vedere e vivere il bello. A Favara c’è una cosa importante che va emergendo, è l’amore per lo sport che significa tanto per una città come la nostra che si porta dietro tante ferite e disagi. Fare sport significa creare relazioni sane, uscire dalla propria individualità, avere la capacità di confrontarsi con gli altri, quindi non è più “l’io al centro” ma il “noi”.
Di contro persiste, in una buona parte di cittadini, un letale apatia e una non voglia di cambiamento, dato da attenzionare soprattutto per la formazione e crescita delle nuove generazioni che non riescono a essere “lievito per la pasta” non si sentono di essere il futuro di questo territorio.
Noi siamo quasi coetani e ovviamente siamo di un’altra generazione rispetto agli adolescenti di oggi, secondo te (come uomo e prete) quali sono le maggiori differenze -anche sociali - tra questi due momenti storici e quali i maggiori pregi e difetti tra le due ere?
A mio modo di vedere ogni epoca e ogni era ha i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza.
Forse oggi i giovani sono incapaci di sognare e di progettare il futuro. E dico “incapaci” perché nessuno fornisce loro gli strumenti giusti. La famiglia ormai è diventata solo un “luogo” da sfruttare e a cui chiedere, non più un “luogo” da vivere, la scuola non è più vista come un tempo di formazione culturale umana e sociale ma come un cammino da percorrere quasi convenzionalmente. Anche la parrocchia è diventato un “luogo vuoto”. Vuoto perché non abbiamo più la capacita di farci condurre e il desiderio di innamorarci dell’essenziale. Tranne qualche breve esperienza giovanile che dura due o tre anni e poi scema, per il resto credo che anche noi tutti dovremmo riflettere cosa significa essere cristiani e come vivere questo dono.
Come vedi anche questa epoca è in crisi, come tutte le altre d’altronde, ma con un dato negativo interessante che è l’incapacità o la non voglia di ribellarsi, di ricrearsi: “desiderio di voluttuosa immobilità, cioè di morte”.
Uno dei compiti che ha un prete è anche valutare e giudicare asetticamente la situazione economica-politica-sociale del territorio che vive, io voglio essere contemporaneamente buono e cattivo e ti domando: da parroco quali consigli dare alla politica favarese? Da operatore politico cosa diresti a questa amministrazione?
Favara vive una dicotomia sia economica che sociale, si passa da una ricchezza eccessiva, ostentata, ricercata che spesso poggia sul vuoto, a una forma di povertà cronica da cui quasi non si vuole uscire creando il caso sociale. Non so se ricordi che nel 2007 circa TV 2000 gira a favara un documentario con il supporto dell’allora arciprete don Mimmo Zambito chiamato Preti a Sud in cui fanno un’analisi precisa e puntuale del contesto socio - economico – culturale a cui tutt’ora si può fare riferimento.
Sull’attuale situazione politica locale noto solo un silenzio assordante da parte di tutti. Non dimentichiamo che solo qualche anno fa non passava giorno in cui non si muovevano critiche (veritiere o no) all’amministrazione in carica. Mi guarderei bene di muovere accuse contro qualcuno ma la situazione attuale della città è sotto gli occhi di tutti seppur tra le mille difficolta di chi governa.
“Nihil difficile volenti”.
Ultima domanda, quale lo stato della Chiesa a Favara? I giovani sono ancora credenti? Ovviamente non parlo delle passerelle domenicali, ma del vero sentimento cattolico e cristiano che tu rappresenti.
Credo di aver dato risposta prima.
Molta gente negli anni si è formata alla scuola del Vangelo e questo lo dobbiamo ai parroci che negli anni si sono succeduti, ma vive talvolta la difficoltà di mettere in pratica quello che sente dentro il cuore, a volte manca il coraggio di osare. La mia personale esperienza in una parrocchia grande e complessa come quella dell’Itria è solo positiva, non sto dicendo semplice ma positiva!
Il rinnovamento è necessario ma deve partire dall’alto. Noi viviamo le periferie esistenziali e facciamo del nostro meglio, non tutti sono pronti ad accoglierci e ad accogliere la “buona notizia”.
Molti dubitano dell’esistenza di Dio e questo a mio parere è un bene perché frutto di una riflessione personale. La religione non è “l’oppio dei popoli” ma strumento di liberazione e di una profonda vita introspettiva che ci porta, con l’aiuto della “Grazia” a fare le giuste scelte nella vita.
Ti ringrazio vivamente per avermi dato questa possibilità.
A presto.
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