PNRR, come ci apprestiamo a sprecare l'ennesima occasione di crescita per il Paese
- libertaetradizione
- 13 apr 2023
- Tempo di lettura: 2 min

Presentato in pompa magna dall'allora Presidente Conte, il PNRR è stato fonte di grande discussione, in particolare per la cospicua somma che l'Unione Europea ha assegnato all'Italia. Lo stesso Presidente aveva più volte ribadito che questa fosse una grande vittoria per il Paese. La somma ricevuta, infatti, non ha precedenti: trattasi per l'appunto di oltre 200 miliardi di euro; tutto ciò aveva fatto sperare in un'occasione di rinascita per l'Italia, specie dopo l'infausto biennio pandemico. Tuttavia, questo piano fu ideato ben tre anni fa, periodo nel quale non c'erano ancora le emergenze che l'Europa ha fronteggiato e sta tuttora fronteggiando. Crisi energetica, inflazione, guerra in Ucraina su tutti. Il PNRR necessiterebbe di una profonda revisione, anche in virtù del modo dissennato con il quale le risorse sono state assegnate. Buona parte delle stesse andranno infatti in meri progetti volti alla transizione ecologica (27,6 % dei fondi), digitalizzazione (19,8 %), mentre i restanti verranno investiti in inclusione e coesione. La sanità, di cui ne era stata esaltata l'importanza nel biennio pandemico, è relegata all'ultimo posto (7,4%). Al fine di ottenere tutte le rate previste da questo piano, sono necessari 2177 progetti da realizzare. Un numero spropositato, s'intende; e lo è ancor più se pensiamo che, all'interno degli stessi, vi saranno progetti futili, tesi soltanto all'ottenimento del finanziamento. Tutto ciò è evidente nelle opere delle amministrazioni locali, ove i sindaci utilizzano quelle risorse per meri campi da tennis, centri per gli anziani o rotonde. Nulla da obiettare. Ma se pensiamo che quei soldi verranno ripagati dalle generazioni presenti e future, allora è bene rivedere alcune cose. La crescita di un Paese non può prescindere da riforme strutturali, mediante le quali alleggerire la burocrazia ed efficientare gli apparati statali. Unita naturalmente ad una seria - e profonda - riforma della scuola, che, a cascata, produrrebbe maggiore specializzazione ed un conseguente incremento dei salari dei lavoratori. Il tanto acclamato piano di ripresa e resilienza - parola tanto cara agli apparati mediatici - appare dunque come l'ennesimo e fallimentare tentativo di risollevare il Paese; specie se si pensa che, verosimilmente, buona parte di quei fondi non verranno spesi; e dunque torneranno in Europa, magari finanziando qualche paese "rivale" all'interno dell'Unione.



Commenti