Donbass un anno dopo: i filo russi, la propaganda e la disfatta di una nazione
- libertaetradizione
- 25 apr 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Quante volte vi è capitato di sentire, magari in una conversazione tra amici o colleghi,
questa frase: “l’armata di Putin potrebbe invadere l’Europa in 48 h”! Magari il tutto condito da
una becera ed isterica enfasi, quella di chi ci crede davvero nelle affermazioni che
pronuncia. A dire il vero questa non è certamente una sorpresa, nel nostro paese i fan di
Putin sono molti e questo il presidente lo sa bene. Ed è proprio a queste persone che la
propaganda russa cerca di fare breccia, in passato e a quanto si percepisce anche oggi. Ma
andiamo con ordine. Il 24 Febbraio il presidente Vladimir Putin ha dato inizio alla cosiddetta
operazione militare speciale (precisiamo, guerra di conquista dell’Ucraina) speranzoso di
fare un colpaccio prendendo la capitale (Kiev) e magari uccidendo il presidente Volodymyr
Zelensky. Il tentativo di presa dell’aeroporto di Kiev tramite l’utilizzo di truppe aviotrasportate
e dei reparti speciali (i cosiddetti Specnaz) dal punto di vista militare ha un senso. Nei piani
russi infatti, si pensava di creare quello che nel gergo militare è una testa di ponte; se i piani
fossero andati come previsto, l’aeroporto sarebbe stato usato come trampolino di lancio su
tutto il territorio di divisioni corazzate, meccanizzate etc... per Putin, invece, è stato
letteralmente un massacro. Un massacro dichiarato circa un mese prima dell’invasione,
ammassando circa 150.000 uomini sul confine Ucraino e sperando che gli ucraini stessi
credessero alla storiella delle esercitazioni. Gli ucraini dal canto loro, l’invasione se
l’aspettavano eccome. Dopo l’occupazione della Crimea nel 2014 e successivamente lo
scoppio della guerra civile nelle regioni del Donbass, gli ucraini certamente non si sono fatti
trovare impreparati (aggiungiamo anche l’ausilio dell’intelligence occidentale). Nel bel mezzo
della battaglia, a centinaia i filo Putin erano su di giri nel vedere colonne chilometriche di
veicoli corazzati che avanzavano da tutti i fronti e cercavano di assediare la capitale Kiev.
Hanno presto però constatato quanto fosse amara la realtà. Dopo il massacro subito
all’aeroporto di Kiev con la distruzione delle unità speciali e il mancato raggiungimento degli
obiettivi militari prefissati dai russi, qualcosa sembrò cambiare. La ventennale propaganda
martellante tramite la quale Russia paventava l’esercito più potente al mondo con decorose
marce e sfilate di centinaia di carri armati e veicoli di ogni genere, iniziò a mostrare le prime
crepe. I filorussi però, vedendo la loro formidabile e invincibile armata fallire di fronte a un
esercito numericamente inferiore, ma motivato a resistere fino alla fine all’invasore, hanno
continuato a sostenere un’ipotetica vittoria dell’armata russa.
Ed ecco che qui entra in gioco un’altra frase che sicuramente il vostro amico filorusso avrà
pronunciato appena il dittatore russo ha fallito a Kiev: “Putin aveva lanciato l’attacco a Kiev
per distrarre gli ucraini nel Donbass”. Sarà davvero così? La risposta è chiaramente no. Dal
punto di vista militare e strategico, gli strateghi russi e l’intelligence hanno visto crollare le
loro aspettative; da un lato un sistema di intelligence totalmente inefficace sul piano delle
informazioni acquisite e fornite allo stato maggiore, dall’altra uno stato maggiore che
vedendo lo stato delle forze armate totalmente impreparate ad una avventura militare simile,
ha scagliato uomini e mezzi in una guerra sanguinosa scambiata per una sorta di blitzkrieg
del XXI secolo.
Di fronte a un primo (ma sostanziale nel tempo) capovolgimento militare a favore
dell’esercito ucraino, l’esercito russo è stato costretto a ritirarsi nelle regioni del Donbass
cercando di riorganizzarsi e tentare di tenere saldo il territorio già sotto il suo controllo (ma
come abbiamo avuto modo di vedere, è risultato complicato anche questo). Giunti a questo
punto, propongo a voi lettori l’ultima delle fantomatiche affermazioni dei filorussi prima di
iniziare a trarre le conclusioni: “la Russia non si sta impegnando al massimo. Sta tenendo le
sue armi migliori in servo per un'eventuale escalation con la NATO”. Diciamoci la verità, fra
tutte le frasi portate come esempio in questo articolo, questa è stata sicuramente la più
pronunciata (spesso e volentieri con superbia) dai “Putin boy”. Analizziamo brevemente la
realtà: le fantomatiche “armi migliori” sono sostanzialmente tre: SU-57 felon, T-14 Armata e i
missili ipersonici. Non è questa la sede appropriata per fare un ricco e articolato saggio
bellico, dunque mi limiterò a descrivere brevemente perché queste armi tanto acclamante
nemmeno fossero delle “armi meraviglia”, sono in realtà tutta fuffa. Iniziamo dal caccia
SU-57: la propaganda russa ha descritto questi caccia di quinta generazione come
formidabili e superiori alle controparti americane. La verità? Sono caccia come tanti altri
russi che fanno le stesse cose di quelli americani, con la differenza temporale di un ritardo di
circa un decennio/quindicennio. I T-14 sono dei carri armati di ultima generazione apparsi
per la prima volta nella parata militare di Piazza Rossa nel 2015. Sono carri armati su carta
tecnica “formidabili”, ma che mostrano due pecche: la prima è che sono carri ancora allo
stadio di prototipo e sono altamente costosi, tant’è che la Russia ha dimezzato il numero di
produzione; la seconda pecca invece risiede nel tramonto inevitabile nella guerra del futuro
dei carri armati, sempre più sostituiti dall’efficacia dei droni. La situazione è analoga per i
missili ipersonici. Se poi si aggiungono le sanzioni occidentali (la Russia era fortemente
dipendente dalle materie prime per costruire i mezzi militari) l’unica cosa che le resta sono i
vecchi carri T-55 del periodo sovietico.

In conclusione: la Russia ha totalmente perso tutto, iniziando dalla sua macchina militare,
passando dalla sua morale e infine giungendo all’immagine che ha creato agli occhi del
mondo in Ucraina. Un’immagine di una nazione sempre più isolata e stremata sia in termini
di vite che in termini economici. Quando occupi militarmente una nazione e scopri di avere
dei problemi, nel bene o nel male cerchi di risolverli e di rimediare alla situazione. Per la
Russia la situazione è risultata tragica, scoprendo a sua volta di possedere così tanti
problemi da non poter fare nulla per rimediare.
Inoltre la Russia ha scoperto di avere un problema nel campo dell’intelligence, iniziando la
loro avventura convinti che l’Ucraina capitolasse in poche ore. In aggiunta la Russia ha
dimostrato di possedere un sistema fallimentare di leadership, con un sistema militare mal
governato e inefficace. Infine la Russia ha scoperto di avere un sistema pessimo di logistica
e di risorse. Tutti problemi che stanno costando molto e che al di là delle fandonie che i filo
putiniani continuano a pronunciare, convinti che la Russia vincerà, siamo di fronte invece ad
un’altra realtà: la disfatta sempre più evidente di una nazione non più vista come una
potenza mondiale, ma, citando Barack Obama: “la Russia è per noi una potenza regionale”.



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