L'ITALIA CHIAMA IL CENTRO DESTRA, IL CENTRO DESTRA RISPONDE PICCHE
- libertaetradizione
- 13 nov 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 3 apr 2022

È innegabile che oggi l’Italia converga verso politiche di centrodestra; lo rivelano i sondaggi nazionali, anche dopo la disfatta delle amministrative appena passate. Bisogna chiedersi se le percentuali così alte siano la speranza di un popolo di godere, finalmente, di politiche espansive, di libertà, di meno tasse, di meno burocrazia oppure se siano figlie di una voce amplificata dei continui slogan, se pur legittimi, che parlano solo alla pancia della gente. Per chi scrive, facendo parte del mondo produttivo (vessato, violentato e mortificato) oltre che di quello politico, è facile rispondere: il popolo ripone nel centrodestra la speranza per un riscatto di libertà e lavoro.
Purtroppo pur essendo maggioranza nei sondaggi e nelle speranze del popolo italiano, oggi il centrodestra dimostra quasi una sorta di negligenza nei confronti del proprio elettorato. Le guerre intestine, le leaderships contese, aspetti che potrebbero essere nobilmente positivi se affrontati con un minimo di strategia e programmazione, minano il campo di un successo in un contesto storico che eleverebbe un pensiero politico a durare nel tempo. Questo è un contesto/momento storico che non può e non deve essere lasciato nelle grinfie della sinistra. È altrettanto scontato che non può ripetersi l’esperimento tragico del PDL, in Italia non potrà, almeno per il momento, esserci un partito Repubblicano/conservatore unico come negli USA o come nel Regno Unito; ed è giusto così perché non si possono azzerare i sentimenti e le storie delle varie anime “destrose”. Di queste variegate storie e passioni occorre però fare una sintesi e trovare una convergenza che unisca, è la storia a chiederlo. Un centrodestra unito lo si può avere soltanto partendo dal presupposto che occorre anteporre alla percentuale la programmazione come metodo di scelta del “capo coalizione”. Ecco, come anche detto da Capezzone nel lunedì letterario della fondazione Fare Futuro, del modello statunitense bisogna copiare il modus operandi delle loro primarie; bisogna però amalgamarlo al contesto italico e quindi coinvolgere i territori e le realtà locali per avere massime prestazioni a livello nazionale. A questo punto entra in gioco un altro importante aspetto, fino ad oggi accantonato dalle segreterie nazionali e che hanno più volte rimarcato anche due pilastri della destra italiana: Adolfo Urso e Guido Crosetto. Urge ridare alla politica italiana “dall’Alpi a Sicilia” una classe dirigente degna di questo nome. Non è più procrastinabile un cambio repentino di rotta sull’adeguata formazione dei futuri dirigenti di partito. Oggi il risultato di ergere a “Generali” uomini privi di capacità di aggregazione, programmazione e azione messi in posti apicali solo perché “amici degli amici” è sotto gli occhi di tutti. Le segreterie nazionali devono ricomporre le piccole strutture locali, riaccendere la fiamma della passione politica, rinvigorire i congressi.
Infine, ma non meno importante, è rendersi conto che storicamente a far vincere il centrodestra è stata la grande mobilitazione degli elettori; essi, quindi, devono essere coinvolti dalla programmazione alle urne. E proprio all'interno delle urne essi devono avere la possibilità di scegliere.
Non dovrà più essere ammissibile, per non umiliare la Politica e l’elettorato, che nei territori (dai comuni alle regioni) i partiti della coalizione vadano in ordine sparso; addirittura, come capitato alle ultime elezioni, partiti del centrodestra hanno dato manforte a candidati esterni provenienti dalla sinistra e hanno fatto coalizioni con partiti dell’attuale centrosinistra mascherati in simboli civici. Obbrobrioso e perdente.
Antonio Moscato
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